La Storia di Caltanissetta
Le origini
Ultima modifica 14 dicembre 2023
L’origine di Caltanissetta è antica, ma imprecisata. Come tutto il territorio di quest’area siciliana subì l’influsso di Gela e di Agrigento, di recente infatti vi sono stati rinvenuti resti di capanne preistoriche, nonché tratti di mura greche e tracce di fondazioni di un preesistente abitato.
Interessanti reperti archeologici delle vicine località, come quella di Sabucina, testimoniano l’origine sicana della città.
Nella zona della Montagna felice Gebel Habib è stata rinvenuta un’epigrafe pregreca che accenna all’antica Nissa, villaggio dal cui nome derivò quello di Caltanissetta: dall’arabo Qalat-an-Nisa, cioè “Il castello delle donne”.Secondo quanto testimoniato dal geografo arabo Idrisi, sul Monte Gibil Gabel, (615 metri), è stato localizzato un vasto agglomerato urbano originato da Nissa, antico villaggio sicano; riferendosi alle donne di Nissa, da qui il temine “Qalat-an-Nisa”, cioè “Il castello delle donne” della quale è derivata l’odierna denominazione di Caltanissetta.
Dopo gli arabi, i normanni, che occuparono Nissa nel 1087, vi consacrarono la bella Abbazia di Santo Spirito. Nel 1087 divenne possedimento di Ruggero I di Sicilia normanno, che la trasformò in feudo per vari membri della sua famiglia. Condivise le sorti della Sicilia e particolarmente nel periodo spagnolo durante il quale soffrì spesso la carestia. Nel 1407 passò ai Moncada di Paternò e ad essi rimase fino alla soppressione della feudalità in Sicilia, nel 1812. Quando, tre secoli dopo, Guglielmo Peralta diviene signore di Caltanixetta, inizia in Sicilia il cosiddetto “Governo dei quattro Vicari”.
Il dominio dei Peralta è testimoniato dalle rovine del castello di Pietrarossa, (ancora visibili nei pressi della città anche dopo il terremoto del 1567) dove si riunirono, nel 1358, i quattro più potenti signori della Sicilia (Alagona, Ventimiglia, Peralta, Chiaramente), per decidere le sorti dell’Isola sotto il nuovo governo.
Per favorire l’esportazione dello zolfo, i Moncada (1553) fecero costruire, sul fiume Salso, il ponte di Capodarso, la cui possente arcata è oggi ancora visibile insieme al grandioso ma incompiuto palazzo Moncada. Tra il 1500 e il 1700 molti comuni nisseni si trasformarono, da borghi rurali quali erano, in vere e proprie città a testimonianza della crescente feudalità. All’indomani del feudalesimo (1818 circa) iniziò a prendere forma l’entità territoriale della provincia di Caltanissetta che oggi conosciamo…
Durante il dominio borbonico (1735-1860), Caltanissetta divenne capoluogo di provincia; questo fatto allontanò i nisseni dalle mire separatistiche di Palermo, le cui bande armate, indotte dal principe San Cataldo ed avide di sangue e di bottino, diedero alle fiamme il quartiere della Grazia.
Nel 1849 una delegazione di palermitani offrì, proprio a Caltanissetta, la capitolazione della Sicilia ai borboni al termine della rivoluzione federale guidata da Ruggero Settimo.
Fanno parte della storia più recente di questa città, le sciagure minerarie che hanno provocato la morte di centinaia di uomini: sono tristemente ricordate le miniere di Trabonella, Gessolungo e Deliella.
E’ situata a 568 metri sul livello del mare su un’altura che culmina a Nord nel monte San Giuliano e che domina da destra la valle del fiume Salso.
Caltanissetta lega il suo passato all’attività delle solfatare. Quest’ultima ha reso la città il fulcro minerario in Sicilia sino ai primi decenni del secolo scorso, quando i minatori, scrive Vuillier, “maledicevano la vita e invidiavano i maiali che a fine anno erano certi di morire” ed ecco ricordare la denuncia spietata di Zola che dà, a chi legge Germinale, “un brivido di terrore”. Caltanissetta .è la seconda città per numero di abitanti, dopo Gela, dell’omonima provincia, di cui ne detiene il titolo di capoluogo. (Comune di 415,94 km2 con 61.319 abitanti, detti nisseni).